L’Iran di Muti, Musica per la pace

IL MESSAGGERO 8 Luglio 2017

L’ ESIBIZIONE Per qualche ora il linguaggio nebuloso della diplomazia, e quello minaccioso delle cronache politiche, ha taciuto e lasciato il passo alla musica, lingua universale che consola gli animi e affratella gli uomini al di là dei confini geografici. Questa volta la magia che accomuna paesi e popoli si è compiuta a Teheran sotto l’ egida stregata di Riccardo Muti che ha diretto giovedì l’ Orchestra Cherubini e l’ Orchestra Sinfonica Iraniana in uno storico concerto per il 20/o anniversario delle Vie dell’ Amicizia, il pellegrinaggio della fratellanza cominciato nel 1997 a Sarajevo in un altrettanto storico concerto sotto l’ effetto delle bombe cadute sulla martoriata capitale bosniaca.
IERI PACE, OGGI SPERANZA Se quello fu un messaggio di pace, questo è un auspicio di speranza.
Speranza che in uno dei focolai più bollenti del pianeta, il Medio Oriente, dilaniato da guerre, rivalità egemoniche, conflitti etnici e odii religiosi, possa germogliare il seme della pace. Grande musica per un evento che in Iran sarà ricordato a lungo considerato che l’ ultimo concerto con un direttore di questo calibro risale a circa 40 anni fa con Karajan e i Berliner al tempo dello Scià. Il concerto si è svolto nella Vahdat Hall (750 posti, tutti esauriti). In platea molte autorità, inclusa la sottosegretaria Dorina Bianchi, due vice ministri e un ministro iraniani, ambasciatori a cominciare dall’ italiano Mauro Conciatori. Sul palco una macchia sgargiante di colori conseguenza del velo obbligatorio per le donne: giallo ocra quello delle donne del coro, rosso quello delle musiciste, uomini in nero. Le donne, sul palco come fuori, non hanno gli stessi diritti degli uomini. Per il concerto, un organico di 100 musicisti della Cherubini, con elementi anche delle principali orchestre italiane, inclusa la Scala con il violino di spalla Francesco Manara e il primo violoncello Massimo Polidori, e l’ Orchestra Sinfonica di Teheran, accompagnate dal Coro del Teatro Municipale di Piacenza e dal Coro di Teheran diretti da Corrado Casati e Razmik Ohania. Il concerto sarà ripetuto stasera al Pala de André a Ravenna. RadioTre dà la diretta e in seguito sarà dato su Rai1. Il programma, preceduto dell’ esecuzione degli inni iraniano e italiano, comprende alcune delle pagine più belle di Verdi: Vespri siciliani, Don Carlos, Simon Boccanegra Macbeth, Forza del destino, con arie affidate a voci maschili (il tenore Pietro Pretti, il baritono Luca Salsi e il basso Riccardo Zanellato). L’ orchestra iraniana, la più grande e antica del paese, ha un passato glorioso.
Dopo la rivoluzione del 1979 aveva subito un arresto e si è ricostituita due anni fa. Il direttore Shardad Rohani, una celebrità in Iran, è stato acclamato quando alla fine è salito sul palco a condividere gli applausi con Muti. Il concerto è nato con la collaborazione della Fondazione Roudaki e il Ministero dei Beni e delle attività culturali (che ha stanziato 200.000 euro, la metà del bilancio per parte italiana). Sponsor importante, l’ imprenditore iraniano Hormoz Vasfi. Il Festival di Ravenna, di cui la moglie del maestro, Cristina Muti è fondatrice e animatrice, è giunto alla 28/a edizione e le Vie dell’ amicizia rappresentano un ponte ideale fra Oriente e Occidente.
Quest’ anno lo sguardo guardia all’ antica Persia, paese di storia millenaria e grandiosa cultura. La tappa di Teheran, dopo l’ esordio a Sarajevo 20 anni fa, era segnata: la strada per il Medio Oriente, la Siria, e ora il sogno proibito di Teheran.
VIAGGI NON PARTIGIANI Una tappa indispensabile in questo tragitto, ha detto la signora Muti sottolineando che questi viaggi sono «estranei ad ogni partigianeria». Anche per Muti, definito dagli iraniani il Messi della musica, l’ intento non è schierarsi. «Noi musicisti crediamo in un mondo di pace, di bellezza.
Sono stato di recente in Israele e ora in Iran con lo stesso impegno, lo stesso amore: in Israele, in Iran portiamo la bellezza, la pace. Credo in questi valori, se si smarriscono si va verso l’ abbrutimento». Verdi «è un grande musicista italiano, che meglio esprime l’ anima italiana, ma sa parlare a tutti, è l’ autore più eseguito e amato al mondo, è universale», ha detto. «Questo Viaggio dell’ Amicizia è uno dei più importanti alla luce della situazione internazionale, non porta un messaggio di religione, abbiamo portato la nostra voce e gli iraniani si sono uniti, è accaduto il miracolo. La musica è la più grande ambasciatrice, le parole possono essere equivocate, la musica dice sempre la verità, parla al cuore». Lo confermano gli applausi scrosciantie il trasporto con cui sono state accolte le arie scelte come il famoso duetto del Don Carlos dove risuona la parola Libertà, o il coro nel Macbeth che canta Patria oppressa. Molte le emozioni e hanno preso anche il solista Salsi che ha confessato di essersi commosso: »è proprio vero, la musica unisce, si sentiva stasera».
Flaminia Bussotti © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Vedi articolo Il Messaggero 8.7.2017

 

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